Pepite 40 - Aldinucci, De Dominicis, Riparbelli

Seconda Stagione

ARCHIVIO

C'è chi la chiama sound-art, musica contemporanea, suoni di ricerca, sperimentazioni acustiche o suoni di confine, noi le chiamiamo Pepite: piccoli semi di ricerca sul suono, elementi preziosi della nostra programmazione. Suoni selezionati e messi in evidenza all'interno del flusso freeform della nostra programmazione.

Nelle ultime settimane abbiamo ricevuto e ascoltato tre album - usciti di recente - di tre musicisti che da tempo seguiamo e per i quali la nostra stima è in salita libera progetto dopo progetto. Sono tre italiani, due potrebbero bussarci alla porta in meno di un'ora di treno: Barbara De Dominicis (già presente su queste pagine grazie a Crossings, una produzione frutto di una commissione di Radio Papesse per il nostro stagionale appuntamento con il Radia Show), Giulio Aldinucci, musicista e compositore di Siena spesso in streaming sotto il moniker di Obsil e Pietro Riparbelli - già di passaggio nelle nostre Pepite grazie a una tappa del suo percorso di soundscaping Cathedral; artista, compositore, di formazione filosofica, il cui lavoro deve molto e molto ruota attorno alla fenomenologia della percezione e allo studio del paesaggio sonoro in relazione alla dicotomia visibile/invisibile. 

Barbara De Dominicis e Julia Kent (con la documentazione video di Davide Lonardi) hanno intrapreso un viaggio, fisico e musicale, lungo un immaginario 41° parallelo che unisce idealmente New York e Napoli. 
L'album che ne testimonia il percorso, appunto Parallel_°41, pubblicato dall'etichetta francese Baskaru, è quasi una prova di geografia emotiva tracciata attraverso molteplici paesaggi sonori che si sovrappongono e si rincorrono a sessioni di improvvisazioni musicali. Le tracce sono frutto di una serie di registrazioni site-specific: di tappa in tappa il violoncello (e i loop) di Julia Kent, la voce, i field recordings e il computer di Barbara De Dominicis hanno sollecitato siti industriali e tunnel abbandonati, hanno risuonato in città e in campagna, da Venezia a Napoli, dall'Alto Adige al Piemonte, alla ricerca di modalità impreviste e indeterminate di performance. Le due musiciste si sono lasciare alla casualità e alla spontaneità del viaggio e del dialogo musicale. L'album tuttavia non è casuale. Una bella prova a due!

Uscito qualche settimana fa e già esaurito in casa della label giapponese Nomadic Kids Republic è Tarsia, l'ultimo album di Giulio Aldinucci, frutto di un'orchestrazione perfettamente bilanciata di elettronica e field recordings. Non è un caso, come spiega lo stesso Aldinucci a Fluid Radio, che il titolo alluda alla maestria degli intarsiatori: I have chosen this title because I consider this technique similar to that of a lot of contemporary electro-acoustic music. To make these wood inlays they used rare and carefully selected natural elements, which were then treated, and sometimes individually coloured, and subsequently placed next to each other in order to create complex patterns, which is what many musicians within this field tend to do.

Un album che ci convince, piacevole da ascoltare e tuttavia di una complessità che non grava sull'ascolto. 

In ultima battuta vi segnaliamo Three days of silence di Pietro Riparbelli, un album pubblicato da Gruenrekorder, che rivisita l'approccio di 4 Churches - pubblicato da Touch nel 2011 - ed evolve la ricerca e la riflessione filosofica della serie Cathedrals, una raccolta di registrazioni effettuate all'interno di chiese, basiliche, luoghi di culto in generale. 

Registrati nel 2011 durante una residenza di tre giorni nel monastero di La Verna, sul Monte Penna (luogo di culto legato alla figura di San Francesco che qui dicono abbia ricevuto le stimmate) i suoni e i silenzi di Three days of silence, ben oltre l'intento descrittivo, e con un impianto austero e rispettoso della dimensione meditativa del monastero - senza essere tuttavia pedissequo - offrono la mano a suggestioni che trascendono il reale e fisico sentire, ritraggono uno spazio sonoro che non si limita allo spazio fisico. Tre tracce, una per ogni giorno, e tre interludi brevi dove la parte di elettronica si fa più sentire. Un album bellissimo.

 

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