Lynne Cooke è chief curator al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid - dove a breve inaugurerà Mixed Use, Manhattan: Photography and related practices, 1970s to the present - e curator at large alla Dia Art Foundation, dove sta preparando per ottobre una retrospettiva di Blinky Palermo. Nel 1991 è stata co-curatrice della Carnegie International; qualche anno più tardi, dal 1994 al 1996 è stata direttore artistico della X Biennale di Sydney. Ha curato personali di artisti quali Francis Alÿs, Richard Serra, e recentemente Thomas Schutte. Insegna alla Columbia University, tiene corsi a Yale e al dipartimento di Studi Curatoriali del Bard College. 

L'abbiamo incontrata a Faenza dove con Miwon Kwon ha parlato per l'appunto di fare mostre.
In questa intervista, oltre a demarcare i confini cronologici dell'arte contemporanea - di cosa si parla quando si parla di contemporaneità artistica? - Lynne Cooke analizza il format della retrospettiva - canone del Novecento o risultato di necessarie riletture critiche - sia dal punto di vista dell'artista - quali le implicazioni in ordine di tempo e le conseguenze sulla pratica di alcuni artisti - sia da quello del curatore, impegnato in negoziazioni costanti con gli artisti e le istituzioni ospiti. 

For me I always work with people i have relations with and that doesn't mean I work with my friends; it means that if I get very interested in an artist's work I will go to his show, I will do studio visits long before I invite him/her to do something. There's something to built on, I would never start completely fresh with someone.

Abbiamo parlato inoltre di come siano cambiate le carte sul piatto dell'arte contemporanea, le esigenze del pubblico, le ambizioni degli artisti, il panorama globalizzato e le istanze locali.

Gabriel Orozco, Island within an Island, 1993.

Infine ci presenta Mixed Use, Manhattan: Photography and related practices, 1970s to the present, una mostra che - tra fotografia, video e pratiche affini - ricostruisce una delle mille storie di New York, a partire dalla Deconstruction of Lower Manhattan, la distruzione di interi quartieri che lasciarono spazio alla costruzione delle torri gemelle. Una devastazione letta, oltre che documentata, dal venticinquenne Danny Lyon che così scriveva: 

The passing of the buildings was for me a great event. It didn't matter so much whether they were of architectural importance. What mattered to me was that they were about to be destroyed. Whole blocks would disappear. An entire neighborhood. Its few last loft-occupying tenants were being evicted, and no place like it would ever be built again. The streets involved were among the oldest in New York and when sections of some were closed by the barriers of the demolition men, it meant they would never be opened again

Danny Lyon, Washing Street at Reade and Chambers, 1966/67. 

Un periodo di crisi economica che causò l'abbandono di Manhattan da parte di molte piccole imprese e che lasciò interi quartieri in attesa della demolizione, altri agli artisti che li occuparono. Mixed use non a caso è un termine usato per indicare quelle zone miste, residenziali e commerciali allo stesso tempo ma si riferisce anche, nelle intenzioni della Cooke e del co-curatore Douglas Crimp, all'appropriazione da parte degli artisti dei moli, degli edifici industriali, dei lotti abbandonati. 

La documentazione di questa riappropriazione che sfociò in un periodo di intensa attività artistica è oggetto di questa mostra; la storia della fotografia si interseca così alla storia del camminare - Roy Colmer con la serie Doors, N.Y.C e Stefan Brecht con 8th Avenue -, alla riappropriazione fisica dello spazio attraverso il cammino - basti ricordare Gordon Matta Clark - ma anche alle vicende pubbliche della comunità gay di New York - nelle foto di Alvin Baltrop e Peter Hujar - a quell'urban magical realism - definizione di Richard Wentworth - riscontrabile in alcuni lavori di Gabriel Orozco. 

Peter Hujar, Boys in car, Halloween, 1978.

Arrivando ai giorni nostri la Cooke riconosce la necessità e la possibilità per i giovani artisti di riappropriarsi degli spazi pubblici della città e nel frattempo a New York, dove Mixed Use non arriverà mai, il MOMA PS1 monitora ed espone proprio lo stato dell'arte newyorkese con Greater New York, una collettiva di più di settanta artisti che hanno scelto di vivere e lavorare nei suoi cinque quartieri. 

 

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