Ha trascorso gli ultimi dieci mesi a Firenze, artista in residenza a Villa Romana, dove abbiamo avuto l’occasione di conoscere Heide Hinrichs e il suo rarefatto linguaggio tra incertezza e gioia. Il suo alfabeto tridimensionale trova origine e dà corpo ai limiti, alle limitazioni e agli spazi di porosità che si aprono nella relazione tra corpo e spazio. Il suo interesse è trovare nel linguaggio – nella sua sintassi, sia esso scritto o corporeo –  uno strumento per esplorare la percezione e l’esperienza di noi stessi nel mondo.

 

Heide Hinrichs - Villa Romana Fellows 2013, exhibition view, ph. Giulia Del Piero, Archivio Villa Romana, Firenze.

 

I suoi più recenti lavori hanno trovato origine nell’interpretazione di Dictee, un romanzo sperimentale scritto dall’artista americana di origine coreana Theresa Hak Kyung Cha; testo che Hinrichs sta traducendo, sia in termini letterali – dall’inglese al tedesco -  sia scultorei. Dictee è un libro complesso, che parla delle difficoltà della comunicazione umana: è il tentativo di trasformare il dolore in discorso, di trascenderlo laddove è connesso a storie di esilio e dislocazione. Scritto in diverse lingue, unisce documenti, fotografie, sillabazioni, poesia, ricordi personali, interpunzioni:

 

Open paragraph It was the first day period She had come from a far period tonight at dinner comme the families would ask comma open quotation marks How was the first day interrogation mark close quotation marks at least to say the least of it possible comma the answer would be open quotation marks there is but one thing period There is someone period From a far period close quotation marks - Dictee 

 

Parlando di dolore, lo ritroviamo in un altro libro con cui Hinrichs ha avuto molto a che fare: Austerlitz, dello scrittore tedesco Winfried G. Sebald (un libro che vi consigliamo molto nella bella edizione italiana di Adelphi). Un romanzo in cui, di nuovo, immagini e testi compongono una trama di dolore e di guarigione da esso e dallo stato di perdita di identità in un momento di transizione che porta il protagonista fuori da tempo e fuori dallo spazio.

 

I have always resisted the power of time out of some internal compultion which I myself have never understood, keeping myself apart from so-called current events in the hope that time will not pass away, has not passed away, that I can turn back and go behind it and there I shall find that all the moments of time have co-existed simultaneously, in which case none of what history tells us would be true, past events have not yet occurred but are awaiting to do so at the moment when we think of them although that opens up the bleak prospect of everlasting misery and neverending anguish. - Austerlitz

 

Heide Hinrichs, Internal Punctuation 2, 2013, carta pesta e acrilico.

 

Austerlitz e Dictee compongono il terreno comune in cui incontrarci, per parlare di traduzione e interpunzione. Per scoprire ciò che segue – come investighi attraverso le sue sculture i confini tra i nostri corpi e le infomazioni che riceviamo, le cadute, le pause, l’inabilità di decifrarne alcune, di capire le emozioni ed esprimerle – vi invitiamo a ascoltare la nostra conversazione, registrata a Villa Romana:

 

The limitation is about the understanding. What I put in question is a kind of certainty of assumption to be understood and maybe it (my work) is a way to describe the fragility of this process and the labour of that. But at the same time if I would not believe in its possibility there would be no reason to do what I'm doing and the choise is representing the same fragility and uncertainty of being understood, of communication, of expression... [Heide Hinrichs]

 

Heide Hinrichs, My Shiver Your Suspense (purple breathing), exhibition view, Galerie Tatjana Pieters, 2013.

 

 

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