Gianni Pettena - Io sono la spia

Sull'(an)architettura

INTERVISTE

My teachers had been educated before the war so they were teaching us the idea of rationalism and functionalism but we were in the 60S, there had been a world war in between but still the idea of architecture was imprisoned in geometric and conceptual grids. I was feeling quite unconfortable with the idea of architecture they were teaching, it was not corresponding to mine, that was not that clear but for sure was not that one....my school then was the art gallery - more than the museum - that was the place where I learnt the most. A school of language and concepts that I slowly translated into my personal field. So I became an architect who was making architecture with the tools of art... [Gianni Pettena]

...Architecture done by artist is the architecture of today that deserve to be considered the only architecture because the one done by architects is too much strategic for the career of the archistars but very often it is not the one that contains research or elements of innovation in language and in the conceptual base that you should renovate... [Gianni Pettena]

Gianni Pettena, Clay House, Salt Lake City, Utah, 1972

Gianni Pettena fa parte di quella felice generazione di artisti e architetti che a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, come risposta all'esaurimento di energia e attualità dei modelli passati, cerca nuove strade e nuovi modalità di espressione, contribuendo e battendosi in prima linea in quella rivoluzione che investirà e cambierà per sempre il linguaggio architettonico e artistico. Gianni Pettena fa parte di una generazione fortunata che si è trovata al punto di svolta della nuova coscienza ambientale, artistica, culturale, ecologica e politica in Italia e altrove.

A quegli anni risale la sua esperienza come architetto-artista, a partire dai lavori di Minneapolis e Salt Lake City fino al progetto presentato per Manifesta7 all'Ex Peterlini di Rovereto: è di questo – e di molto altro - che Pettena ha parlato a Bolzano con il curatore Lorenzo Fusi.

Gianni Pettena, progetto per Principle Hope, Manifesta7, Rovereto, 2008.

Da una prima critica all'architettura fatta dagli architetti, Pettena ricorda gli anni universitari, quando si accorse che avrebbe imparato molto di più nelle gallerie d'arte che non in aula, dove ancora si insegnava un'architettura imprigionata nelle griglie non solo geometriche ma anche concettuali del razionalismo e del funzionalismo pre guerra mondiale. 

Gianni Pettena, Ice House, Minneapolis, Minnesota 1971.

Si passa poi a ricordare gli anni americani di Minneapolis, quando sperimentò la libertà di operare come architetto senza il peso e la memoria dell'architettura del passato, scoprendo però che anche il deserto non è un foglio bianco su cui lasciare indiscriminatamente il proprio segno e che il miglior atteggiamento e la miglior posizione concettuale nell'approcciare l'ambiente fisico è quello di esser fusi con la natura stessa. 
Si è parlato infine delle sue opere esposte a Manifesta7, del nuovo Museion di Bolzano e infine di Gordon Matta Clark, Robert Smithson, il Max's Kansas City Bar di New York, James Wines e il SITE Group, Frederick Law Olmsted e Central Park. 

La musica che lega l'intervista è Spion 0221 di Kraut Fur Alle, scaricabile dalla netlabel so-healthy-music.com.

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