Il brano è dedicato ad un luogo di lavoro del passato, ovvero al gigantesco cantiere del Duomo di Firenze.
I lavori per la costruzione della cattedrale durarono 170 anni, con diverse interruzioni, vi parteciparono generazioni di maestranze e artisti e rappresentò un laboratorio per lo sviluppo di nuove soluzioni costruttive. La composizione intende alludere alla grandiosità della struttura che stava nascendo, alle sconcertanti altezze delle impalcature, agli spazi architettonici fino a quel momento ancora inesplorati (fatta eccezione per le civiltà antiche di cui poco si sapeva).

Le sonorità si spingono in ambiti sonori rarefatti nella maggior parte dei casi, con brevi interventi rumoristici. Nonostante lo scenario della fabbrica sia stato sicuramente rumoroso, immagino le strutture in costruzione immerse nel silenzio notturno e attraversate da sguardi pieni di vertigine. La fabbrica era per i suoi operai anche un luogo di vita, da cui non ci si allontanava di frequente.
Una presenza sporadica ma simbolicamente importante è il rumore delle ali di uccelli, che condividevano con gli uomini quegli spazi sopraelevati. Un altro elemento importante della composizione è la presenza di musica vocale e strumentale in parte dei secoli XIV e XV: se la struttura del duomo suscitò meraviglia negli uomini dell'epoca, non ebbe un effetto dissimile la musica, ed in particolare il brano di Dufay composto in occasione dell'inaugurazione del duomo (1436). Si tratta di un mottetto intitolato nuper rosarum floras, secondo alcuni ispirato nella forma dalle proporzioni architettoniche del duomo; ciò che è certo è che anche la musica ebbe un ruolo importante nel cantiere del duomo, e non soltanto come elemento ambientale: il mensuralismo (di cui Dufay è un esponente) rappresentò un primo tentativo di razionalizzare il tempo così come la costruzione del duomo fu una scommessa con le potenzialità umane di controllare lo spazio in dimensioni fino a quel momento soltanto immaginabili.
Sono state pure inserite musiche rinascimentali italiane, suoni di campane, di organi, anche per ricordare che i lavori del cantiere non si sono fermati con la costruzione della cupola, ma sono proseguiti fino ai primi decenni del ventesimo secolo.
La composizione si suddivide in cinque piccoli movimenti separati da una breve pausa di silenzio.

Luigi Mastandrea vive a Bologna. Diplomato in organo nel 2005, studia musica elettronica al Conservatorio di Bologna e filosofia all’università cittadina. Dal 2003 collabora a produzioni audiovisive come compositore e sound designer e si esibisce in performance live audio/video con il Vj Dario Jurilli. I suoi brani elettroacustici sono stati eseguiti a Firenze (Centro Tempo Reale) e a Bologna (Sala Farnese) oltre che in diverse rassegne di sound art all’estero. Nel 2007 ha realizzato per il comune di Firenze, Reggio Emilia, Livorno, Arezzo e presso alcune gallerie d’arte milanesi (con la fotografa Alessia De Montis), diverse installazioni sonore.

 

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