An immaterial retrospective of the Venice Biennale

Una conversazione con Alexandra Pirici, Manuel Pelmus

INTERVISTE

Retrospettiva. Omaggio. Monumento. Termini concettualmente concatenati: cosa è una retrospettiva se non la celebrazione di un percorso storico, sia esso collettivo o individuale? Se doveste pensare a una retrospettiva dedicata alla storia della Biennale di Venezia, come sarebbe? Forse un'opera monumentale?

 

Alexandra Pirici e Manuel Pelmus rappresentano la Romania alla 55° Biennale in laguna e sono riusciti a trasformare la memoria storica in un'esperienza, a rivitalizzare il passato attraverso l’azione perfomativa, a riportarne in vita i capitoli principali, ogni giorno fino a Novembre.

 

Immaginate un padiglione vuoto, uno spazio luminoso e deserto, così come lo volle Daniel Knorr qualche anno fa per il suo European Influenza. All’epoca fu accusato di insignificanza, di rinforzare gli stereotipi che colpivano la Romania ancora nel 2005, anche se il vuoto era carica di portato politico e molto più di una semplice assenza (erano gli anni in cui la Romania era appena fatto ingresso nella NATO e l’UE apriva i confini all’ex blocco sovietico).

 

An immaterial retrospective of the Venice Biennale è tuttavia qualcosa di diverso: cinque performer compensano il vuoto, occupano lo spazio, interagendo con esso attraverso coreografie minimali, essenziali ma allo stesso tempo ironiche, chiare, puntuali e riconoscibili ricostruzioni di alcuni dei lavori che hanno fatto la storia della Biennale dalla seconda metà del Novecento. Con la "sola" forza di cinque corpi, Pelmus e Pirici – due artisti noti per il loro fresco e innovativo approccio alla perfomance – investigano l’autorevolezza e l’autorialità della storia dell’arte. In questi termini ne parla Raluca Voinea, curatrice del Padiglione della Romania:

 

It is not a corrective history of the Biennale but more an illustration of how it actually was, always focused on Western European artists and north american art; somehow illustrating the different relationships in the artworld and in the political world, with its very long years of being very conservative and only showing figurative painting and sculpture....

 

Vi ricordate l’invasione di Zeppelin di Hector Zamora nel 2009? E la performance degli Inti Illimani nel 1974? Cut, Carve, Engrave di Daniel Buren nel 1986? Tramstop. A Monument to the Future di Joseph Beuys nell’edizione del 1976? Sono questi alcuni dei lavori più memorabili con cui Pirici e Pelmus riscrivono la storia della Biennale. Il padiglione si trasforma in una spazio condiviso e illimitato di riflessione intorno al nostro sguardo sul passato e alla nostra capacità di storicizzare il presente.

 

La Romania di Pirici, Pelmus e Voinea vincono il nostro personale Leone d’Oro.

 

 

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